Il romanzo di ambientazione vittoriana “Il Pittore delle Fate” di Simona Cremonini (recentemente vincitore del Trofeo Cittadella 2024, come raccontato qui) ha un profondo legame con il folklore e con tutto ciò che, nel corso del tempo, è stato creduto, immaginato e temuto riguardo alle fate.
Fra gli elementi ripresi direttamente dalle credenze delle isole britanniche, dall’Inghilterra all’Irlanda, spicca l’uso di una pietra forata naturale che il protagonista Jonathan trova a Waterhouse durante una passeggiata con Celeste nell’incantevole campagna che circonda la tenuta di Edmund Wright:
Jonathan si sedette accanto a lei e lanciò qualche sassolino, attento a non colpire i due nobili animali che tenevano loro compagnia.
«Guardate» gli disse Celeste invitandolo a esaminare la pietra che lui aveva in mano.
Il giovane giornalista la osservò con più attenzione. Era un anonimo ciottolo grigio, ma aveva un piccolo foro nel centro.
«È una pietra delle fate» spiegò Celeste. «Tenetela con voi, vi porterà fortuna» lo esortò, senza aggiungere altri dettagli.
Jonathan conosceva le leggende sulle pietre forate: quando era bambino sua madre Mary ne aveva appesa una in cima alla porta della stanzetta che divideva con Percy, perché i suoi bambini fossero protetti e non potessero essere rapiti dal piccolo popolo e dagli esseri oscuri.
Nelle pagine seguenti del romanzo, Jonathan ritroverà quel sasso infilato in tasca, elemento di una magia più grande che avvolge l’intera Waterhouse.