Il Solstizio d’Estate e il Solstizio d’inverno (rispettivamente attorno al 21 giugno e al 21 dicembre) sono due momenti dell’anno che segnano la presenza della “grande ruota”, del ciclo, del tempo che non si ferma e ritorna al principio. E, per quanto riguarda le pietre forate, sono anche due passaggi in cui i luoghi che ospitano un masso o una montagna bucata diventano punti di ritrovo e forte attrattiva.
Così è per il Monte Forato, sulle Alpi Apuane, al quale avevo già dedicato un articolo sul blog e dal quale si può godere della vista del sole che, come racconta Adolfo Lippi su Il Tirreno, “il 21 giugno, solstizio d’estate, quando la notte più corta, alle 6 del mattino, lascia trasalire il sole che coi raggi accecanti di alba buca l’anello, poi scompare dietro un braccio di roccia, poi riappare e s’innalza di nuovo”.
Queste dovevano essere, un tempo, fasi di grande concitazione anche per chiunque avesse una minima sensibilità e un minimo senso di rapporto con la natura; e nemmeno il Cristianesimo si è fatto sfuggire l’occasione di collocare le proprie celebrazioni più importanti in questi momenti dell’anno.
Così il Natale e il giorno di San Giovanni Battista a giugno cadono nei due Solstizi (così come la seconda festa di San Giovanni cade a dicembre dopo il Natale) ed è attorno a queste due feste che non si perdeva l’occasione di cogliere un po’ del senso del magico che esse trasmettevano: così candele accese venivano poste accanto alle pietre forate, ove ve n’era l’occasione, e sui massi veniva sparso dell’olio, che non veniva certo sprecato ma raccolto e utilizzato come rimedio nei mesi a venire.
Pietre forate protagoniste dei momenti del Solstizio erano orientate perché la luce passasse proprio attraverso il loro buco ed esse fungessero da veri e propri calendari: un esempio è il Thompson’s Rock Holed Stone nel Northumberland, pietra allineata al tramonto del Solstizio d’estate.
In altri luoghi, dove esistevano grandi pietre e dove l’archeologia afferma i fori fossero però artificiali, come per il Monte Arcivocalotto situato a pochi chilometri dal Monte Iato, all’interno del Comune di Monreale, a circa 30 chilometri a sud di Palermo, un grande masso forato chiamato “U Campanaru” (il Campanile) è astronomicamente orientato per indicare il Solstizio d’inverno e un tempo, a circa 8 chilometri di distanza, nell’area di Cozzo Perciata, ne esisteva uno (distrutto nel 1968 o poco tempo dopo) che segnava il Solstizio d’estate e che era chiamato in dialetto siciliano “A petra unni nasci u suli” (“la pietra dove nasce il sole”, per approfondire si può leggere questo documento).
Il Solstizio, momento di per sé già pregno di aspettative, diveniva anche passaggio utile a rafforzare il potere della pietra forata di raccogliere attorno a sé le credenze e le paure: o, forse, dalla pietra traeva ancora più significato per sé, per influenzare le scelte e le ritualità quotidiane dell’anno che avrebbe continuato a percorrere.
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